Ogni essere grida in silenzio per essere letto altrimenti. Non essere sordi a queste grida.
Il pensiero di Simone Weil mi torna sempre in mente quando vedo le sculture di Roberta, quando giro attorno ai corpi senza pelle, i volti bruciati, gli occhi chiusi, le labbra serrate in una smorfia spezzata. Il cuore pietrificato, paralizzato nella mancanza di linfa. Ogni sua figura è un urlo nel silenzio. Riemerge quello che c'è di più profondo, ci inquieta, ci costringe ad abbandonare ogni sordità e indifferenza.
Sono le mani di Roberta Morzetti a far gridare la materia, è suo il corpo che si offre a dare forma alla sofferenza più antica. La donna sola, la donna calpestata, la donna negata, la donna violentata di ogni tempo. Rappresentata e rielaborata dall'arte di una giovane donna di questo tempo, del nostro tempo, tenace, coraggiosa, sensibile. La datazione che compare nei titoli delle opere sta a significare il passaggio delle stagioni, ognuna con il suo carico di perdite, cadute, tradimenti, speranze. Roberta non ha paura, non teme di esporsi, di vincere il suo pudore per mettere a nudo il suo corpo e la sua anima.
Il corpo di una donna, dice Roberta Morzetti, è luogo di buio e incubatrice. C'è tanto buio da attraversare nelle sue sculture, il dolore nascosto e indicibile, inascoltato, non creduto. E c'è la luce resa dal bianco delle sculture, la purezza, l'innocenza, il desiderio di vita che è più forte di ogni volontà di calpestarlo. Corpi bruciati, corpi frammentati. Corpi scandalosi che scuotono. Corpi fragili e al tempo stesso vibranti, come una foglia che respira. A testimonianza che laddove è più oscura la notte più radicale sarà l'aspirazione alla libertà, la voglia di spezzare le catene del male che soffoca e che annulla.
L'anima di Roberta è visibile in quei corpi che sembrano finire e che invece si stanno ricomponendo in un abbraccio. In quei cuori in apparenza prosciugati e che invece stanno per tornare a far scorrere sangue in un organismo assetato. In quella scommessa di vita, nella necessità di non rinchiudere, di non definire, nel comandamento di non giudicare l'insopprimibile singolarità di un'esistenza. Nella richiesta di ascoltare il silenzio e di essere letti altrimenti.
Una vita nuova nasce dalle mani, dal corpo e dall'anima luminosa di Roberta Morzetti. Resistere significa esistere, ha detto una volta, citando Simone de Beauvoir: «La donna libera sta nascendo solo ora». Si può rinascere solo attraversando la sofferenza, il dolore, la solitudine, il sentire le grida degli altri e le proprie. È in questa scarnificazione, nell'assenza, nel vuoto che c'è l'unica possibilità di ascolto. La sola strada di Rigenerazione.
Testo scritto da Marco Damilano, direttore di L'Espresso
Photo credits di Fabrizio Farroni
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